Incontro con Riccardo Giannitrapani

Incontro con Riccardo Giannitrapani

Incontro con Riccardo Giannitrapani

Vi raccontiamo, oggi, l’incontro virtuale e la chiacchierata avuta con Riccardo Giannitrapani, già nominato su Cuori d’inchiostro. Riusciamo a collegarci con Riccardo il venerdì che precede la tanto attesa riapertura delle scuole. Lui ritaglia con gentilezza uno spazio di un’ora e mezza da dedicarci. L’impressione che abbiamo avuto è di avere a che fare con una persona che ha tanto da dire e ciò che dice non è mai banale o scontato. Insieme a Riccardo abbiamo parlato con passione di temi oggi molto caldi, scuola e insegnamento, attraverso (e a partire da) matematica e poesia. Nonostante la simpatia e l’apertura all’incontro, Riccardo è molto deciso e sicuro di ciò di cui parla, lasciando sempre szymborschianamente spazio a un “non lo so” che lascia intendere propensione al dubbio e apertura verso nuovi dialoghi e visioni della realtà.

Il Prof Bicromatico

Riccardo Giannitrapani è un docente di matematica e fisica al Liceo scientifico di Udine molto attivo anche sul web. Difatti, ha un blog personale, che potete trovare a questo nome: Il Prof Bicromatico, ed è, inoltre, conosciuto su Twitter come @orporick.

Apriamo l’incontro con Riccardo Giannitrapani con molta emozione, poiché lo conosciamo da tempo attraverso questi due canali, che vi consigliamo. Ovviamente, non potevamo non leggere il suo libro: Un labirinto incerto. Appunti per una poetica della matematica, di cui abbiamo parlato in questo articolo e a cui abbiamo dedicato lo spazio del Libro del mese di Maggio 2020.

Il libro, così come, prima di esso, il blog e l’account di twitter, rappresenta un modo per allargare il discorso educativo fuori dalle mura scolastiche. In effetti, Riccardo ci racconta che tutto è nato grazie a uno scritto sul suo blog: Manifesto per un altro insegnamento della matematica, pubblicato il 30 aprile 2018, che vi invitiamo a leggere e che contiene i capisaldi di quello che poi sarà il libro (I titoli dei paragrafi contenuti nel manifesto sono titoli dei paragrafi del libro, contenuti nel sesto capitolo: Parole per una nuova alleanza).

Genesi di Un labirinto incerto

Il Manifesto è stato metaforicamente l’incipit del libro, perché ha iniziato a circolare sulle piattaforme dei social e non solo. Grazie a questo la casa editrice Mondadori lo ha notato, con l’intento di fare divulgazione matematica poiché, rispetto ad altre discipline, non vi aveva ancora investito molto. L’ultima esperienza divulgativo-matematica della casa editrice, del resto, risaliva agli anni 2010-2013 con la trilogia sulla Geometria di Piergiorgio Odifreddi (C’è spazio per tutti, Una via di fuga e Abbasso Euclide!). Il compito assegnato a Riccardo era quello di creare un libro appetibile, che non fosse un manuale… sulla falsariga delle Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli

A questo punto arriva il contratto: Riccardo ha 6 mesi di tempo per scrivere un libro, a partire dal giugno 2018 e con consegna il dicembre successivo. Ci racconta che è stato molto difficile, sia a livello organizzativo che contenutistico. A livello organizzativo per due motivi. Il primo: questo è stato il primo approccio di Riccardo alla scrittura di un libro. Il secondo: tra famiglia e lavoro, i momenti dedicati alla scrittura si riducevano alla sera. A livello contenutistico, invece, abbiamo da un lato sia la richiesta di Riccardo all’editor (“Non posso scrivere libri di matematica senza metterci la matematica!“), dall’altro il desiderio di scrivere un libro leggibile anche dai non esperti nella materia. Il risultato è visibile a tutti i lettori di Un labirinto incerto. È lo stesso Riccardo ad affermare che

“la matematica deve essere necessariamente espressa in un certo linguaggio, che non ne è un orpello”.

La lettura di Un labirinto incerto richiede dunque una conoscenza matematica, sebbene la matematica del libro non sia complicata: “basta avere la volontà di leggerlo!”. Volontà legata all’apprendimento del linguaggio matematico di cui parlavamo poco fa. Ma niente paura: è l’autore stesso a guidarvi passo passo lungo questo processo! A quel punto Riccardo decide di unire le sue due passioni: matematica e poesia, che costituiscono il famoso labirinto incerto da intraprendere in compagnia. 

Riccardo ha la sensazione di non aver soddisfatto a pieno la casa editrice con il suo scritto, che forse si aspettava qualcosa di diverso. Del resto il libro contiene “troppe formule” (“anche se sono equazioni!”), come l’editore gli ha fatto notare. L’autore infatti comprende che “l’aspetto formale di matematica possa spaventare il lettore, che non compra libri con formule o equazioni. Sono felice di aver trovato due persone di formazione diversa che lo hanno letto!”

Tuttavia ne è molto soddisfatto e aggiunge, tra il serio e il faceto,

“Ho capito di non essere scrittore, ma mi sono divertito!”

L’incontro con Riccardo Giannitrapani lettore

I saggi

Forse non si vede come uno scrittore, ma è di sicuro un grande lettore. Durante la chiacchierata, in effetti, la parete dietro di lui appare strabordante di libri. 

Riccardo ci spiega che ha sempre letto anche molta narrativa, ma negli ultimi anni, a causa degli impegni sempre più numerosi, ha deciso di dedicare il poco tempo che ha alla saggistica. Questa scelta ha anche un fine didattico: ogni due settimane, il prof. Giannitrapani propone alla classe quanto letto su temi scientifici, cercando di suscitare interesse e dialogo. Il senso ultimo è quello di trasferire qualcosa: le lezioni in classe rappresentano “il motore finale di tutto ciò che leggo”. Anche se Riccardo lo reputa un difetto, a noi sembra ancora una volta un modo di non stare soli nel labirinto incerto.

Chiediamo con curiosità quali autori di saggistica predilige. Riccardo ci risponde non solo citando degli autori, ma anche sfilando dalla libreria e mostrandoci con orgoglio alcuni testi. Al momento, ci spiega, si è appassionato ad Imre Toth, filosofo e storico della matematica. La sua peculiarità? Toth rivaluta la matematica antica, togliendole quel velo di “banalità” con cui oggi sembriamo vestirla. 

Giannitrapani cita anche Whitehead, altro filosofo e matematico, collaboratore di Bertrand Russell nell’opera Principia Mathematica, il cui intento è quello di fondare la matematica sulla logica. 

Per dimostrarci che non ha la testa solo tra i numeri, Riccardo ci mostra anche Sul morire di Shelly Kagan, che ha tutt’altra tematica ma uguale profondità di pensiero.

La poesia

In classe, non parla solo di saggi. Spesso, Riccardo legge anche poesie, di cui è gran divoratore. Tre sono gli autori che troviamo spesso citati in Un labirinto incerto: Jorge Luis Borges, Wisława Szymborska e Tomas Tranströmer. Quando li nomina notiamo il trasporto, la passione e la cura con cui li descrive, non solo dalle parole che usa, ma anche dal viso che si illumina.

Jorge Luis Borges

Riccardo ha “incontrato” Borges negli anni dell’università. La prima conoscenza è stata quella di Borges poeta. Riccardo ne parla con grande affetto e racconta che la sua scoperta risale a un libro di raccolta di poesie trovato su una bancarella. A quel punto gli si apre un mondo che non lascerà più. La lettura di Borges, ci racconta, avviene sempre su più piani: del resto, è quello che accade ad ogni lettore. Quando si ritorna su un testo o un autore che ci ha colpito, affascinato e interessato, ogni volta scopriamo diverse sfumature e chiavi di lettura, che spesso ci risuonano a seconda dei momenti di vita che attraversiamo. Così è l’“effetto Borges” per Riccardo, che puntualizza come Borges-poeta e Borges-saggista in fondo non siano poi così lontani. Sembrano infatti quasi intersecarsi ed intrecciarsi tra loro. Borges rappresenta l’ispiratore di ciò che Riccardo cerca nella poetica.

Wisława Szymborska

Ascoltando Riccardo, ci permettiamo di dire che Wisława Szymborska sembra essere, per lui, il corrispettivo femminile di Borges. Musa ispiratrice, scoperta grazie a colei destinata ad essere sua moglie (chi ha Twitter sa!), la poetessa è stata un faro nei momenti più bui. Riccardo si è appassionato alla sua poetica perché in essa ha trovato molti temi che hanno risuonato in lui. Anche la matematica per la Szymborska è poesia. Ci racconta, come aneddoto, che la lettura della poesia sul Pi greco della Szymborska è da lui proposta nelle classi prime. Come gli altri poeti a cui Riccardo è affezionato, la Szymborska è capace di rivolgersi all’universalità e di stare di fronte all’universo infinito. Atteggiamenti, questi, caratteristici sia di poeti che di matematici. 

Tomas Tranströmer 

Nonostante sia un premio Nobel, Tomas Tranströmer è poco conosciuto. Riccardo definisce le sue poesie come criptiche, sebbene molto dense. Ci racconta che è un autore che mescola molto spazio e tempo: il tempo diventa spaziale e viceversa. Ciò ricorda molto il tema del labirinto in cui perdersi di cui Riccardo parla nel suo libro. È in questa mescolanza di spazio e tempo che è riuscito a trovare un varco per parlare di matematica. Nel libro Un labirinto incerto, Tranströmer viene nominato per parlare della traduzione poetica e matematica e della comunicabilità dello stupore, che accomuna entrambe le discipline.

Bellezza e complessità

Approfittiamo dell’incontro con Riccardo Giannitrapani per chiedergli qualcosa in più sulla definizione che l’autore ha dato del libro stesso e che avevamo inserito anche nell’articolo sul libro:

“un tentativo di discorso sentimentale sulla matematica attraverso la tensione dei suoi due poli opposti: l’innegabile bellezza e l’inevitabile complessità”

Un labirinto incerto – Riccardo Giannitrapani

Leggendola, l’uso di bellezza e complessità come “poli opposti” ci ha incuriosito. Per questo motivo, nell’incontro non potevano mancare queste domande. Ciò che è bello è sempre semplice? Oppure in quanto poli viaggiano sullo stesso continuum e bisogna creare un equilibrio tra questi due modi di intendere il discorso? Riccardo ci risponde che soprattutto con la matematica, quando si arriva alla comprensione finale arriva anche la noia. Quindi, la complessità è ciò che permette al soggetto di tenere la tensione viva.

La complessità, che non si può ignorare, contiene in sé la bellezza di districarsi attraverso il labirinto. Quando si arriva alla fine del proprio cammino (o del labirinto!) la bellezza è svanita. Bellezza, che, a livello didattico, è da far scoprire e vedere, illuminandola, che sta nel superare, grazie alla matematica, la complessità. Un esempio concreto di equilibrio tra bellezza e complessità avviene quando studenti e studentesse riescono a dimostrare un teorema: oltre ai due poli di cui sopra, c’è anche scoperta e soddisfazione.  

Spesso, afferma Riccardo, dove c’è complessità non c’è bellezza. O meglio, spesso non si riesce a vederla o intravederla. Un esempio di ciò possiamo averlo nell’arte. Un quadro che rappresenta una scena bucolica trasmette bellezza. Ma vedendo un quadro di arte moderna, vederne bellezza è complesso senza alcuna spiegazione dell’opera! 

“A volte il bello della matematica è proprio la sua complessità!”

Da una poetica della matematica a una matematica della poesia

Riccardo ovviamente ravvede molta poetica nella matematica, ma come si applica la matematica alla poesia? Riccardo trova risposta a questa domanda grazie a Borges. In effetti, la matematica è alla base di molte sue costruzioni narrative. Il poeta utilizza spesso, infatti, la ricorsione o l’infinità di numeri per costruire un racconto con un artificio matematico. Trovare matematica all’interno della poesia, al di là dei temi proposti, non è semplice. 

La matematica come materia scolastica: emozioni e pluridisciplinarità

Introduciamo questo argomento con una differenza, presente e spiegata nel libro di Riccardo Giannitrapani, che ci ha fatto molto pensare. Sono le domande “a cosa serve la matematica?” e “cos’è la matematica?” che contengono una differenza intrinseca nella loro struttura, che porta con sé una differente visione della materia stessa. 

Riccardo ci racconta questa differenza di visione con molta ironia, poiché lo vive quotidianamente in classe. Molti alunni e alunne chiedono “Prof., ma questo lo mette nella verifica?”, che è la prova di quanto la cultura scolastica (e non solo) sia ormai pregna di utilitarismo. Anche se, è la scuola in prima linea  a “promuovere” questa tendenza a vivere la matematica come qualcosa di funzionale a qualcos’altro. Viene quindi appresa e insegnata perlopiù solo come applicazione tecnica

Nel discorso di Riccardo emerge come lui si sforzi di fare dei tentativi di integrare la matematica ponendola sia come materia tecnica e scientifica, sia come materia umanistica. Fa un esempio con l’italiano: può non piacere la letteratura, ma tutti si sentono di scrivere qualcosa. C’è un margine di libertà nell’italiano come materia. La matematica, invece, insegnata solo come esercizio da risolvere, diventa un ostacolo. Non può essere considerata come una materia utile a svolgere un esercizio di obbedienza. Non ci può essere una didattica dell’obbligo, ma deve esserci una didattica della responsabilità, anche e soprattutto con la matematica. 

Eppure, aggiunge, matematica e italiano sono quasi le uniche due materie scolastiche presenti in tutti i cicli di scuola e svolte tutti gli anni!.

Allora usiamo quelle 5 ore per qualcosa che possa legarsi a sentimenti di sorpresa e smarrimento, così che ogni volta che leggo matematica posso provare un’emozione che non sia brutta”.

A questo punto può circolare il “cos’è” piuttosto che il “a cosa serve” e si aprono nuovi modi e mondi.

“Perché si va sempre su questioni tecniche quando si parla di matematica? Perché non si va a parlare di piacere, bellezza, musica, poesia e poetica? Non si può limitare la matematica agli aspetti tecnici. C’è una mancanza di riconoscimento della matematica come possibile terreno di discussione culturale.”

È raro però trovare una visione così integrata e per certi aspetti diversa. Per questo motivo, forse, la matematica viene così tanto osteggiata dai più. L’ipotesi di Riccardo è che buona parte della causa siano gli insegnanti stessi (quando ne parla non si autoesclude mai, utilizza sempre la formula “noi insegnanti”), che non si pongono di fronte alla matematica con la voglia di sapere cosa sia, ma solo come una pura applicazione. Allora diventa una corsa a ostacoli, superare una difficoltà e trovarne un’altra, senza restituire un senso ultimo a quello che si sta facendo. Inoltre, è talmente frequente trovare adulti a cui non piace la matematica, che ormai il fatto che non piaccia è socialmente accettato.

La scuola però è terreno di grandi domande per un adolescente: chi sono? Perché sono qua? Cosa farò? Anche la matematica come materia può contribuire a trovare uno spazio per occuparsi di questi interrogativi. Alla stregua della poesia, della lettura o della musica

A proposito di musica, ci racconta un piccolo esperimento di interconnessioni fatto in classe: la possibilità, durante un compito, di poter ascoltare la musica con le cuffiette. Ne è rimasto colpito poiché ha notato un miglioramento del rendimento.

Riccardo è anche molto realista, è consapevole che certamente non tutta la matematica piacerà ai ragazzi, nonostante la si possa approcciare diversamente. Dice però:

“Se trovo un argomento che apre loro il cuore, allora è fatta: hanno capito che c’è dietro qualcosa”

e aggiunge una cosa semplice, ma di una bellezza straordinaria:

“Gli studenti e le studentesse capiscono quando c’è un tentativo, capiscono che ho fatto uno sforzo per portarli verso il bello. Questo fa una differenza enorme per loro, per me e per il rendimento”.

Inoltre, promuove la pluridisciplinarità come approccio utile e necessario. La pluridisciplinarità di cui parla Riccardo, però, non è la mera capacità di fare i collegamenti “da esame di maturità” tra una materia e l’altra, ma una vera interconnessione tra materie e ambiti, che permette di vedere la stessa cosa da più angolazioni e punti di vista.

Le differenze di genere e…

… la Matematica

Tra le domande che ci sorgono spontanee durante la chiacchierata con Riccardo, chiediamo come mai, secondo lui, solo raramente le ragazze si iscrivono ad università scientifiche, in particolare Matematica, Fisica ed Informatica. La risposta è cauta: del resto, il tema è delicato, sebbene molto importante. Le motivazioni sono, secondo Riccardo, molteplici, ma possiamo riassumerle in personali, culturali e storiche.

Innanzitutto, c’è un retaggio culturale secondo cui i settori scientifici siano appannaggio maschile. Del resto, quanti scienziati, fisici, informatici, chimici, matematici del passato che ricordiamo ancora oggi sono donne? Oltre a Marie Curie, siete in grado di citarne altre? 

A questo, va aggiunto che dato che le ragazze, all’uscita dal liceo, tendono ad essere più mature e proiettate verso il futuro rispetto ai ragazzi loro coetanei, queste ultime scelgono prevalentemente università che offrono un lavoro sicuro. Dato che Fisica e Chimica, giusto per menzionarne un paio, non rientrano tra queste, secondo l’esperienza di Riccardo le ragazze scelgono prevalentemente altri indirizzi “più sicuri” dal punto di vista lavorativo.

La facoltà di Matematica fa eccezione. Storicamente, l‘insegnamento scolastico veniva (o viene?) considerato come un lavoro di serie B, che poteva dunque essere svolto anche dalle donne. Queste ultime, dunque, venivano invogliate a studiare Matematica solo in funzione di insegnarla poi a scuola. Questo spiega come mai, ancora oggi, la facoltà di Matematica accolga molte studentesse. Ma quante di loro proseguono con la carriera accademica? Del resto, la maggioranza dei docenti universitari della facoltà di Matematica è di genere maschile. E una analoga maggioranza si riscontra già durante il dottorato, livello di studi superiore ad una laurea specialistica.

Siamo sicuri che la situazione sia cambiata? Che fine fanno oggi le laureate in Matematica? Se ci fate caso, anche oggi la maggior parte degli insegnanti sono di sesso femminile. Più in dettaglio, la situazione sembra essere composta da due piramidi speculari, una maschile ed una femminile. Analizziamo la seconda. Nelle scuole materne, troviamo (quasi) esclusivamente maestre. Cosa analoga, con qualche eccezione, nelle scuole elementari. Nelle scuole medie superiori, sebbene la maggioranza degli insegnanti sia composta da professoresse, iniziamo ad intravedere qualche presenza maschile in più. Passando in università, il numero di professoresse universitarie nella facoltà di Matematica si conta sulle dita di una mano. Quella appena descritta è dunque una piramide. La sua base è situata in corrispondenza degli insegnamenti “inferiori” ed è molto larga. A livello universitario troviamo la sua punta. Ovviamente le eccezioni sono presenti, ma sono molto rare.

Se invece analizziamo la situazione dal punto di vista maschile, abbiamo la stessa piramide, ma ribaltata. La punta si trova in corrispondenza degli “insegnamenti inferiori”, mentre la base negli insegnamenti universitari. Abbiamo messo “inferiori” tra virgolette appositamente, perché ovviamente né noi né Riccardo li reputiamo tali. Al contrario, questi avvengono nei primi anni di vita dei bambini, e dunque lasciano un’impronta su di loro ben marcata e fondamentale per la loro crescita personale prima che educativa. 

… Giannitrapani 

Il prof. Giannitrapani ci ha raccontato di essersi posto di fronte al tema delle differenze di genere. La modalità con cui ha cercato di occuparsene in classe è tanto semplice quanto geniale: Riccardo, consapevole che di esempi di “scienziati” ne è pieno il mondo, porta in classe esempi di scienziate. Senza fare preamboli riguardo la differenza di genere, semplicemente mostra che le materie scientifiche non sono di esclusivo dominio maschile. A questo proposito, prima del lockdown, in classe ha svolto un seminario sulla matematica Maryam Mirzakhani

Se vi state chiedendo chi sia, lei è stata la prima donna ad essere vincitrice nel 2014 della Medaglia Fields: una sorta di Premio Nobel per la matematica ancor più difficile da vincere di quest’ultimo. Non tutti gli anni, infatti, riesce ad essere assegnato. Perché? Perché tale medaglia viene assegnata ai matematici che scoprono risultati eccezionali in ambito matematico prima dei loro 40 anni. Dato che la conoscenza non fa altro che aumentare, ottenere nuovi fondamentali risultati in “giovane età” è sempre più difficile. Il risultato di Maryam Mirzakhani, che stava combattendo contro un cancro al seno dal 2013 che l’ha sconfitta nel 2017, a soli 40 anni, dunque, è storico.

Oltre a Maryam Mirzakhani, ci sono molte donne che hanno apportato qualcosa di valore in campo scientifico e non solo. “Possibile che Grazia Deledda non sia insegnata e inserita nei programmi?”, conclude Riccardo.

Per la differenza di genere nel nostro Paese c’è ancora molto da fare e questo rappresenta un problema. 

Riccardo ha fronteggiato tale differenza con una piccola grande rivoluzione, pacifica ma non troppo silenziosa. A scuola, infatti, si è battuto per far sì che le circolari fossero rivolte a “studenti e studentesse”, non solo “agli studenti”. In effetti, se ci fate caso, questo accento lo troverete in tutti i suoi scritti: dal blog, ai tweet pubblicati, al libro stesso.

L’insegnamento: generalizzazione o personalizzazione?

Nell’esordio della chiacchierata partiamo dall’osservazione che Riccardo è ben conosciuto nel mondo del web. Si schernisce dicendo: “Sarà, ma essere famosi su internet è come essere ricchi coi soldi del Monopoli!”. Da queste parole, deduciamo che Riccardo si veda esclusivamente come insegnante e che i mezzi extrascolastici utilizzati siano tutti in funzione di allargare gli orizzonti, pur rimanendo con la testa sulla scuola.

Chiediamo se ciò che racconta nel suo testo è conseguenza di un insegnamento personalistico e quindi non generalizzabile oppure se può essere un seme che germoglia in una professione simile, in modi diversi, e quindi personalizzabile.

Riccardo racconta che molti colleghi fanno tentativi importanti, non si sente solo nel provare a tracciare altre strade. Anzi, trova giusto che ci siano tentativi e fermenti per trovare strade diverse. Parlando della materia che insegna, afferma infatti che è chiaro che il metodo tradizionale dell’insegnamento della matematica non funziona. Occorre trovare un altro modo

Dal personale al personaggio 

Questo è un aspetto preoccupante per Riccardo: il passaggio che potrebbe intercorrere dall’utilizzare uno stile personale a diventare personaggio è labile. Se si diventa dei personaggi si perde la metodologia. Questo succede anche alle persone già famose che provano a divulgare: spesso si compra il loro libro non tanto spinti dalla curiosità per i contenuti, quanto piuttosto “grazie” alla (o a causa della?) firma famosa. per portare fuori dalle istituzioni alcune materie che viste sotto un’altra luce sono interessanti, ma solo perchè il libro lo ha scritto quella tale persona. 

La formula usata da Riccardo, come risposta alle queste stesse preoccupazioni e al suo desiderio di rimanere persona e non diventare personaggio, è semplice: mantenere il rapporto con gli studenti e le studentesse il più naturale possibile. Senza forzature, né costruzioni. 

L’incontro con Riccardo Giannitrapani insegnante

Il prof. Giannitrapani parla degli studenti e delle studentesse come dei figli in prestito. Con la scuola non è raro che gli alunni e le alunne passino più tempo tra i banchi, e quindi con i professori, che non con le loro famiglie. “Qualsiasi sia la materia di insegnamento, si è inseriti in un contesto in cui è necessaria una figura di riferimento”. Una forma di cura quella di Riccardo e degli insegnanti tutti, poiché chi è dall’altra parte è alla ricerca di figure adulte a cui fare affidamento. 

Alla base del legame asimmetrico ci deve essere affetto. E’ un punto cardine per Riccardo per stare nel legame. “Metti un gioco un sentimento, nella speranza che diventi reciproco”. Non può essere solo un mero rapporto professionale in cui si fornisce un servizio a degli utenti finali. Qui si inserisce anche il discorso della valutazione, che secondo Riccardo, nulla c’entra con il rapporto d’affetto. L’affetto non ha nulla a che vedere con parzialità e imparzialità. Anzi, valutare deve servire a tutte e due le parti, ma non costituire e costruire una barriera che diventa invalicabile. Deve essere uno strumento e non il mezzo.

Inoltre, nell’ottica di vedere le cose di Riccardo è importante coltivare tutti: sia chi ama la matematica, sia anche chi non la ama. 

“Per me il mestiere di insegnante significa anche una grande sofferenza quando non riesci. Riuscire per me non è promuovere, significa portare studenti e studentesse a vedere qualche panorama.”

La scuola come esercizio di democrazia

Nonostante il tempo scorra velocemente, arriviamo a parlare anche di scuola: ultima ma non per importanza, come si suol dire. Senza pudore Riccardo afferma:

“Io sono innamorato della scuola, per me insegnare è una questione legata al rapporto amoroso con questo mestiere.”

Parla della scuola dicendo che ha trovato molte più soddisfazioni da insegnante che da ricercatore, nonostante gli sia piaciuto fare ciò che ha fatto. La definisce un “laboratorio delle idee”, in cui da un lato insegna e dall’altro si mettono a contatto due mondi generazionali molto diversi. La scuola è considerata un grande amore e una grande opportunità sociale. Dovrebbe essere quel posto dove non ha importanza chi sia la tua famiglia o le tue condizioni economiche, ma il luogo dove si riceve. La scuola è, o dovrebbe essere, il momento di democrazia più avanzato che abbiamo, in cui tutti hanno diritto allo studio. Il diritto allo studio, però, non può essere solo inteso come una scuola fornitrice di un servizio con degli utenti. Significa, invece, che la scuola si deve prendere carico delle persone che hanno difficoltà.

Per gli studenti e le studentesse che mostrano buoni risultati bisogna avere cura, nel senso di coltivare le loro passioni. Gli alunni e alunne meno brave, invece, non si possono lasciarli indietro. “Sarebbe l’opposto della scuola che vorrei”. 

La scuola, così come la matematica, diventano un veicolo di un messaggio molto importante. 

La scuola fuori dalla classe

Il rapporto amoroso descritto da Riccardo, però inizia e finisce all’interno della classe. E’ molto difficile per lui fare i conti con la struttura della scuola italiana, che trova legata a canoni obsoleti di centinaia di anni fa.  Andrebbe cambiata la struttura della scuola in termini di ciò che si vuole da studenti e studentesse, poiché molti di loro studiano solo per il voto o per la promozione finale. Il dialogo educativo però non può solo essere basato sul fatto che l’insegnante spiega, fa interrogazioni e compiti e gli alunni e le alunne ascoltano ed eseguono e, al massimo, fanno delle domande. 

La scuola di questo tipo non funziona, perchè si perdono molte persone per strada.  Si ritiene fortunato di insegnare dove insegna, poiché lo reputa un Liceo progressista, in cui si fanno molte sperimentazioni e c’è molta libertà. Molti colleghi sperimentano strade non tradizionali.

La scuola in tempo di Covid-19: la didattica a distanza

La DaD deve essere uno strumento attraverso il quale si instaura il dialogo, certo la scuola non si svecchia con l’introduzione del digitale. Anzi, l’utilizzo della didattica a distanza deve essere uno strumento attraverso il quale instaurare un dialogo, non certo il mezzo. 

Bisogna cambiare il modo di fare lezione, questo richiede sforzo, tempo e studio. Non si può pensare di replicare quello che si faceva prima. Inoltre, non si possono certo tenere degli adolescenti davanti a un monitor per 5 ore.

Nella drammaticità di questo periodo storico, Riccardo ha pensato che ci potesse essere un’occasione: per la prima volta non si poteva fare scuola in modo tradizionale. Allora gli insegnanti sono quasi spinti a trovare altri metodi di valutazione, che si differenziano da quelli classici. Inoltre, parlando della riapertura, Riccardo ricorda che ci saranno regole sanitarie complesse.

Possiamo immaginare una scuola dove la verifica delle conoscenze e delle competenze non debba passare per forza dal banco, con il foglio, da controllare che non usi foglietti o libri? E’ possibile ripensare a una scuola che non sia solo quello? E’ possibile pensare a una scuola in cui non ci sia più “oddio devo finire il programma”? 

Questo periodo, nonostante il dramma, nei confronti della scuola da un lato è avvincente e dall’altro spaventa perchè non ci sono linee guida, né una visione comune. 

L’incontro con Riccardo Giannitrapani: le speranze per il presente e il futuro

Arriviamo così alla fine di questa chiacchierata, anch’essa rivelatasi un labirinto incerto. È stata densa, ma il tempo è volato e le domande sono fiorite con spontaneità. Ringraziamo Riccardo sia per averci fatto dono del suo punto di vista, sia per questo incontro pieno di scoperte. Incontro che ha mostrato concretamente quello che l’autore spiega nel suo libro: nessuno viene lasciato solo nel labirinto incerto. Ridendo, dice alla fine “Spero di non avervi stordito!”, facendo riferimento alla sua parlantina. In realtà, pensiamo tutt’altro, cioè che sia una persona che abbia molto da dire e che i contenuti siano interessanti

Noi di Cuori d’inchiostro auguriamo il meglio, sia ad alunni e alunne, sia agli insegnanti, poiché da entrambe le parti ci vorrà lavoro, impegno, intesa e dialogo. Specialmente in questo strano periodo storico.

In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei. Se ti è piaciuto questo articolo, condividilo:

 

Questo sito utilizza cookies. Continuando a utilizzare questo sito web, se ne accetta l’utilizzo. Per ulteriori informazioni leggi l'Informativa sulla privacy.